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Guide alla SEO copywriting

 
 
 
 
 
 
Scrivere per il Web è diventato quasi lo sport nazionale. Tutti si definiscono Copywriter o tali. Ma cos’è la SEO copywriting? È tanto distante da scrivere per un giornale cartaceo o per un’agenzia pubblicitaria? Bhe, è naturale che alcune cose cambiano, ma la regola base è sempre la stessa:

Scrivere correttamente in italiano.

Chi è la/il SEO copywriter?

È una/un professionista che redige contenuti testuali al fine di rendere visibile al massimo ciò che scrive agli utenti del web. Attraverso la generazione di articoli di qualità, un sito web acquista autorevolezza e fiducia nei lettori. Inoltre, avrà un numero sempre maggiore di visitatori che, una volta entrati sul sito/blog/rivista, compiranno alcune azioni come:

  • lasciare un abbonamento mensile o annuale,
  • condividere l’articolo sui social,
  • commentare l’articolo,
  • cliccare su alcuni banner,
  • iscriversi ad una newsletter,

Come avrai notato, alcune di queste azioni, portano un vantaggio economico al sito. Ma la mission primaria è sempre quella di informare e, mai, manipolare gli algoritmi dei motori di ricerca per posizionare meglio le proprie pagine online. Una volta conquistata, con naturalezza, la fiducia dei lettori, saranno loro stessi a premiare i tuoi contenuti compiendo una, o più, azioni sopra descritte.

È bene ribadire anche in questa sede che i SEO copywriter non sono solo i professionisti che scrivono per i giornali online, ma sono anche coloro che perfezionano ed ottimizzano i testi per un e-commerce o siti vetrina per una determinata attività/servizio. Chi si troverà a redigere articoli per un quotidiano locale, dovrà avere in mente di usare un tono formale e riportando le informazioni sui fatti di quella determinata località o regione. Chi avrà a che fare con la vendita di gioielli online, dovrà utilizzare un tono più persuasivo ed attrattivo descrivendo i prodotti nelle loro interezza ed utilizzando figure retoriche come metafore ed allusioni per portare i propri clienti alla conversione e alla fidelizzazione.

Capire ed anticipare il Search Intent

Gli intenti di ricerca non sono altro che le ragioni che spingono gli utenti a digitare una query nelle barre di ricerca dei motori di ricerca o nelle barre dei browser. Le tre macrocategorie in cui possiamo dividere le intenzioni di ricerca sono:

  • L’intento di ricerca informazionale
  • L’intento di ricerca transazionale
  • L’intento di ricerca navigazionale

L’intento informazionale è quando un utente ricerca qualcosa sul WEB per ottenere un’informazione. Questo intento è molto caro, ovviamente ai giornali e alle riviste online.

L’intento transazionale, invece, capita quando un utente digita una query con l’intenzione di compiere un’azione. Che sia l’acquisto di un bene materiale, di un servizio, di un’iscrizione ad una newsletter, una candidatura per un lavoro, il download di un software o di una guida ecc…

Il navigazionale si verifica quando un utente va direttamente al sito specifico bypassando i motori di ricerca. Ciò avviene quando si ha una brand awareness estremamente forte. A proposito dei giornali, l’intento navigazionale potrebbe essere quando un lettore visitare direttamente il sito di Repubblica.it o il Corriere.it.
Conoscere la distinzione tra queste tre tipologie, è fondamentale per la redazione di contenuti testuali del proprio sito.

Come Google valuta i contenuti

Questa parte l’abbiamo già descritta in un capitolo della SEO tecnica, ma la rivediamo un attimo brevemente e, più semplicemente, per capire come e se vengono posizionati i testi di un sito.

All’inizio abbiamo il crawler che si accorge o da solo o tramite la sitemap della novità di un sito. Che sia un sito completamente nuovo o un vecchio sito che carica una pagina nuova, il meccanismo è sempre lo stesso. Il bot scarica le pagine web che trova (se non le trova è un problema e ti rimando alle linee guida di Google per risolvere il problema), dopodiché, se ritiene le pagine “degne” di essere inserite nel suo database o indice, in seguito, probabilmente, potrà decidere di pubblicarle e, infine, rankarle come risultati pertinenti per determinate query cercate dagli utenti. Per ottenere un buon ranking, Google valuta oltre 200 (ma sicuramente molti di più) fattori che concorrono alla sua posizione nelle SERP (le pagine dei risultati di ricerca).

Perché Google può decidere di escludere pagine dall’indicizzazione?

A parte i blocchi del no-index o del robots.txt per non far eseguire la scansione, ma i motivi per escludere alcune pagine dall’indexing possono risiedere nella qualità del contenuto. Se, ad esempio, molte pagine del tuo sito, hanno un contenuto molto povero e scarno, Google può scegliere di non metterle nel proprio database e, di conseguenza, non vedere mai la luce nei risultati di ricerca. Oppure perché potresti aver inserito tante pagine contemporaneamente che escono fuori dal focus del tuo sito e potrebbe averle scambiate per pagine spam e, ancora, potrebbe incontrare difficoltà nella scansione perché il linguaggio di programmazione contiene errori.

Quello che ti consiglio è avere sempre un ottimo programmatore e un ottimo SEO al tuo fianco, insieme ad ottimi copywriters che scrivano contenuti autorevoli, della giusta lunghezza, di qualità e veritieri. Se hai queste figure, non preoccuparti. Sono sicuro che avrai sicuramente un’indicizzazione e, probabilmente, un posizionamento ottimo.

Formattazione del testo in chiave SEO

Ci sono alcune regole da rispettare quando si scrive in ottica SEO. Questa è una di quelle pratiche che differenziano il web copywriting dalla scrittura offline. Possiamo cominciare con gli Headings.
Non ti spaventare, sono solo i titoli.
Bada bene: qui c’è differenza tra titoli delle pagine e titoli dei paragrafi, sottoparagrafi ecc…

Headings

  1. Utilizzare l’H1(o Titolo 1 se usi Wordpress) per il titolo dell’intera pagina o articolo. La parola chiave principale deve essere inserita qui.
  2. Gli H2 devono avere la funzione di titoli dei paragrafi. Le parole chiavi secondarie devono essere contenute qui e descritte nel testo dei vari paragrafi.
  3. Gli H3 bisogna attribuirli ai titoli dei sottoparagrafi e servono come “sotto-argomenti” per esplicare meglio i concetti più corposi o complessi dei paragrafi principali.
  4. Si consiglia di usare un solo H1 per pagina, ma naturalmente il numero degli H2, H3 e così via, sarà molto di più. Dipende dall’argomento che si va a trattare.
  5. Si consiglia di utilizzare non più di 10 parole per gli H (vale per tutti i titoli).

Meta tags

I meta tags sono i titoli non visibili. Quelli che leggono i motori di ricerca “dietro le quinte”. Vanno scritti nell’HTML della pagina o se si utilizza un CMS, basta un’estensione o plugin e il gioco è fatto. Basterà riempire i campi ed essi comunicheranno automaticamente con il codice HTML della pagina aggiungendoli. Sì ma quali sono?

Tag Title

Molte volte si lascia identico all’H1, perché anch’esso descrive il contenuto della pagina. Con la differenza che il titolo lo si vede non nella pagina, ma nei risultati di ricerca.

tag title

Anche qui, bisogna inserire la parola chiave principale all’interno del titolo. Esso dev’essere lungo non più di 65 caratteri, compresi gli spazi. Anzi, essendo noi pignoli come Giovanni di Aldo, Giovanni e Giacomo, dovremmo dire: la lunghezza massima è di 482 pixels. Google misura in pixel e non in parole la linghezza di un testo. A differenza dell’H1 della pagina, il meta title verrà visto dagli utenti che navigano nelle SERP, quindi, informiamoli aggiungendo il nome del nostro brand subito dopo il meta titolo e separandoli con un bel pipe “|”.

Meta description

A differenza degli Heading e del Tag Title, la meta description non contribuisce più al migliore posizionamento del sito, anzi, molti SEO neanche scrivono più la meta description. Lasciano scegliere a Google quale porzione di testo inserire nei risultati di ricerca.

Figure retoriche

Allegorie, metafore, metonimie, ovvero tutto ciò che non descrive in maniera precisa e letterale quello di cui ti occupi, è meglio non scriverlo. Google e anche gli altri motori di ricerca, avrebbero difficoltà estreme a collocare il tuo sito in un determinato ambito e contesto semantico.

Pensaci un attimo: se cerchi un vino rosso toscano, su Google, scrivi “Un sapore di Toscana, che ti fa sentire il sole sulla pelle” oppure “Vino rosso dei colli della Toscana”?.

Naturalmente nel corpo del testo o nella meta description, se rimane spazio, va benissimo inserire un po’ di poesia e creatività per attrarre e sedurre la gente, ma non può essere l’arma principale usata nei meta tags o nei titoli. La SEO non è un’agenzia pubblicitaria nel senso classico del termine con: headline, bodycopy o payoff. Utilizzare solamente il “Chi mi ama mi segua”, qui non può funzionare. Diversamente, se viene inserito in un contesto semantico chiaro e dettagliato all’interno di un paragrafo, in quel caso, può essere d’aiuto per spingere l’utente all’acquisto. Ma le figure retoriche, da sole, non possono fare la differenza. Anzi, possono rendere il sito difficilmente indicizzabile, quindi, con visite 0 o quasi. Purtroppo il giorno che Google possa “leggere tra le righe” e associare un prodotto o un servizio ad una descrizione creativa, è ancora lungo, se mai ci sarà. (Anche perché, prendendo l’esempio di sopra del vino, una frase poetica come quella potrebbe sposarsi bene con più tipologie di prodotti come olio, aceto o altri prodotti alimentari.)

Corpo del testo

Molte volte ci si pone la domanda: ma quanto deve essere lungo il testo? Beh dipende da cosa dicono i tuoi competitor. Articoli di alcune tematiche potrebbero avere bisogno anche solo di 600 parole, ma se vuoi affrontare un argomento vasto per una parola chiave estremamente competitiva, allora lì il discorso cambia e potrebbero essere necessarie due o tremila parole (parole non battute). Come analizzare i competitor? Non ti consiglio nessun tool gratis o a pagamento.

Suggerisco la cosa più semplice ed efficace: guardare i risultati di ricerca. Dai un’occhiata ai siti in prima pagina e capta cosa hanno scritto o cosa hanno scritto in più di te. E, soprattutto, individua cosa manca a quei testi. Potresti valutare di inserire un paragrafo aggiuntivo che gli altri non hanno e a cui tu hai pensato e che, effettivamente, è molto utile per gli utenti.

Se, come abbiamo detto, il testo è molto lungo, non rendere la vista e la vita complicata ai tuoi utenti, inserendo un blocco di sole parole. Non è così che si fa la SEO copywriting. Non stai scrivendo un documento della Pubblica Amministrazione. Per quanto possa essere serio l’argomento, devi tentare di far rimanere più a lungo possibile le persone a leggere i tuoi contenuti.

Se un utente arriva da Google sul tuo articolo, non fargli trovare solo parole, ma tra un paragrafo e un altro, inserisci una foto, una infografica accattivante e che spieghi bene in maniera creativa un processo complesso (in ottica SEO sono ottime), ma anche un piccolo form di contatto. Il lettore sarà più portato ad andare avanti con la lettura, invece di esserne impaurito.

I link interni ed esterni sono fondamentali nel corpo del testo, sia per far crescere i tuoi stessi articoli (che hanno entità simili a quello che stai scrivendo) sia per far capire ai motori di ricerca che reputi un sito esterno importante e che può ampliare o approfondire la tematica che stai affrontando nel tuo articolo. Se vuoi inserire i link, mettili nelle parole chiavi, e non in parole generiche. Cioè, non scrivere “per approfondire clicca questo articolo”, ma se stai parlando, ad esempio, di come aprire una partita iva puoi scrivere “se sei interessato su come aprire una partita iva…”. Così le parole chiavi associate agli anchor text (cioè il testo dove viene applicato il link) crescono e possono dare una piccola spinta.

Inoltre, all’interno del testo, è consigliabile scrivere, in alcune parti del discorso, degli indici per riassumere, magari, gli step di un piccolo o grande processo. Così come inserire delle tabelle. Sia gli indici che le tabelle potrebbero apparire nei risultati di ricerca senza aver bisogno di codici json-ld per i dati strutturati.

indici snippet

tabella snippet

Altra piccola pratica SEO da tenere a mente: aggiungere l’indice dei contenuti all’inizio dell’articolo. Esattamente come fa Wikipedia, puoi dare la possibilità agli utenti di cliccare sul titolo o sottotitolo del paragrafo e andare direttamente in quella sezione. Anche nel mio sito, negli articoli, ho inserito la TOC (tabel of content) che aiuta i motori di ricerca a capire meglio i contenuti dei singoli paragrafi grazie ai link interni alla pagina che portano ai paragrafi specifici.

table of contents

I breadcrumbs, invece, sono utili soprattutto agli utenti, che, una volta letto il contenuto di un articolo, possono chiedersi “Ok, ma in quale parte del sito mi trovo? Vorrei vedere altre sezioni di questo sito”. Inserendo questi:

breadcrumbs

gli utenti capiscono il percorso della pagina attuale e possono cliccare su ogni link che porta alla pagina “genitore”. Quindi se, una persona ha finito di leggere il mio articolo “Come internazionalizzare in modo ottimale un sito” e scopre le “Guide alle pratiche SEO”, grazie ai breadcrumbs è possibile arrivarci in un click. Cosa un po’ più macchinosa se gli utenti non li vedono e devono andare un po’ a tentoni girovagando nel sito. Essi sono utilissimi, soprattutto, negli e-commerce. Immagina di avere un sottoprodotto di una sottocategoria e, tra l’altro, filtrato: il visitatore, seguendo i breadcrumbs, può leggere il prodotto principale, le categorie e il percorso del sito dalla Homepage fino ad arrivare a quel prodotto specifico.

Come scegliere le parole chiavi

Se non sai come trovare le parole giuste, o meglio, quelle che vengono ricercate maggiormente dagli utenti “Googleiani”, non ti preoccupare, ci sono ottimi tool che ti aiutano a scegliere le keywords giuste per i tuoi articoli:

1- Google

Perché non utilizzare lo strumento più ovvio di tutti?! Il motore di ricerca dà ottimi suggerimenti per le keywords correlate. Basta mettere nella barra di ricerca la parola chiave principale e…tac, Google, di sua sponte, crea la tendina con quelle secondarie. Io ci farei un pensierino, fossi in te. Così come andare in fondo alla prima pagina Google e vedere le “Ricerche correlate”. Possono essere diverse da quelle suggerite perché, le prime, mantengono sempre la formula: “come aprire partita iva”:

Google Suggest

Mentre le correlate sono più libere semanticamente, ma che mantengono sempre l’entità al centro del concetto.

parole chiavi correlate Google

2- Strumento di pianificazione delle parole chiavi di Google Ads

È utile per scoprire sia idee nuove per alcuni termini a cui non avevi pensato, sia per scoprire gli esatti volumi di ricerca di una lista di parole chiavi che puoi importare in questo strumento. Per attivare lo strumento di pianificazione, è necessario creare una campagna su Google Ads, ma tranquillo, basterà attivarla e metterla in pausa. Lo strumento funzionerà lo stesso.

3- Seozoom

Gli strumenti di Seozoom sono molto utili, oltre per vedere il volume di ricerca, ma anche per capire il grado di difficoltà ed opportunità per quelle keywords. Se una parola chiave ha difficoltà “80”, vuol dire che, probabilmente, oltre ad essere molto ricercata, per farla posizionare bene, dovrai fare tanto lavoro ed essere paziente. Invece quelle che hanno una cifra alta sull’opportunità…bhe, approfittane ed inseriscile nel sito o in un articolo e vedi quello che succede dopo poco tempo.

4- Answer the public

Se sei un giornalista, conoscerai molto meglio di me la regola delle 5w . Bene con questo tool, puoi vedere le tue parole chiavi con l’aggiunta delle domande:

• Chi
• Quando
• Perché
• Dove
• Che cosa

answer the public

5- Keyword Surfer

Non è un tool, ma una semplice estensione di Google Chrome che è estremamente comoda perché nella barra di ricerca Google, quando digiti una query, trovi affiancato il volume di ricerca e il CPC. Invece, in una tabella a destra dei risultati, trovi alcune idee per le correlate, sempre relativamente alla keyword che hai cercato.

La pertinenza e rilevanza

Sempre in merito alle keywords, bisogna che tu tenga conto di questi due concetti:

La pertinenza è, sostanzialmente, il legame che una parola chiave ha nei confronti di una pagina che la rappresenta o dovrebbe rappresentarla. Se Google decide che la tua pagina è pertinente per quella keyword, mostra il tuo sito nella sua prima pagina perché rispecchia in modo letterale quella query. Se un utente cerca “giubbotto da moto”, una pagina web che parla di giubbotti da moto sarà considerata più pertinente di una pagina web che parla di giubbotti invernali.

La rilevanza, è quanto importante sia, nel complesso e nel dettaglio, quella pagina rispetto a quella query, anche grazie ai link che ricevi da altri siti pertinenti.
Ad esempio, se un utente cerca “giubbotti da moto“, una pagina web che fornisce informazioni dettagliate e offre consigli utili sull’acquisto di questo tipo di giubbotti sarà considerata più rilevante di una pagina web che ne fornisce solo una breve descrizione.

Architettura dei contenuti

Avere una chiara idea di cosa e come pubblicare, renderà il tuo sito molto più funzionante rispetto ad un altro tuo competitor, che avrà più difficoltà e richiederà maggior tempo per essere posizionato. Una buona struttura del sito e dei contenuti del blog, può permettere agli utenti e ai motori di ricerca una fruibilità ed una esperienza utente agevole, chiara, pertinente e completa. Come organizzare il sito? Il metodo migliore è quello dei silos. Cioè l’organizzare i contenuti del sito in modo gerarchico e strutturato. Ovvero sezioni che raggruppano i contenuti in base all’argomento trattato e che sono collegate tra loro tramite link interni. Adottando questo metodo si facilita l’indicizzazione dei contenuti da parte dei motori di ricerca.
In pratica, si crea una sorta di “piramide” di contenuti. In questo modo, i motori di ricerca possono facilmente individuare le pagine più importanti del sito web e indicizzarle in modo corretto.

architettura dei contenuti

Allo stesso modo, gli articoli del blog, dovrebbero avere un articolo pillar che poi si dirama in articoli secondari a cui fanno sempre capo, sia semanticamente che tramite link interni. L’articolo pillar dev’essere un articolo che tratta un argomento molto importante in maniera approfondita, dettagliata e lunga. Tratta un argomento talmente ampio che i suoi paragrafi possono diventare Topic per articoli a sé stanti.

Attento alla cannibalizzazione

C’è però un aspetto da non sottovalutare, soprattutto quando si creano pillar articles e subtopic, ovvero: la questione della cannibalizzazione. Alcune volte è molto sottovalutata questa problematica, ma può portare perdite di traffico anche notevoli. In sostanza, quando si hanno due o più articoli molto simili, nei risultati di ricerca si comincia a concorrere per le stesse parole chiavi. Quindi, due o più pagine (diverse perché sono pagine una diversa dall’altra, ognuna con un URL specifico, ma molto simili nei contenuti) finiscono nelle pagine dei risultati di ricerca confondendo sia i MDR che gli umani.

È molto più salutare avere un contenuto ottimizzato e potente che tanti simili (o quasi identici) che bloccano il corretto posizionamento delle keywords. In sostanza, è bene strutturare il blog a silos includendo i pillar articles, ma i Topic “figli” del pillar devono approfondire e NON RIPETERE tutto ciò che è stato già esplicato nell’articolo principale.

I piani editoriali

Una volta creata la struttura del sito, se vuoi che il sito si posizioni per più keywords e che il crawler di Google lo tenga d’occhio e la velocità di scansione aumenti, devi per forza aprire un blog. Quando entrerà in funzione, ovviamente, inserirai gli articoli. Ma ogni quando pubblicare? Un articolo al mese? 12 articoli all’anno? Spero vorrai scherzare. A quel punto meglio non aprirlo. Conviene adottare altre strategie. Ma se vuoi puntarci davvero, non ti rimane che chiamare qualche copywriter che lavori per te e che rediga un piano editoriale che tu dovrai approvare. Definire un piano editoriale vuol dire progettare cosa pubblicare per aggiornare il blog. Parliamo di forma e non di sostanza, ovvero del contenuto degli articoli. Ad esempio:

  • Ogni lunedì viene pubblicata un’intervista
  • Il martedì articolo di approfondimento
  • Il mercoledì una biografia di un esponente di quel settore
  • Il giovedì un articolo ma con intento transazionale
    ..e così via

Monitora sempre la rendita e l’efficacia del piano editoriale. Guarda la Search Console e attenziona il CTR per vedere se la percentuale tende ad alzarsi. Il PED potrebbe rendere molto un periodo, ma poi abbassarsi drasticamente per via di molti fattori. È bene essere sempre pronti a rivalutare e creare da 0 nuovi piani editoriali. Test e modifiche sono alla base del Web Marketing.

La rivoluzione di ChatGPT

Negli ultimi mesi non si parla d’altro che dell’intelligenza artificiale applicata al chatbot che parla con il linguaggio naturale degli esseri umani. Questo formidabile salto in avanti di qualità spaventa, ma incuriosisce, fa paura, ma lo si utilizza. Come comportarsi? Ti do la mia sincera opinione, anche perché non avendo nessuna verità in tasca, proprio non saprei che altro dirti. Se sei un CEO o il titolare di una piccola azienda e hai uno o più copywriter che scrivono per la tua attività, non fare l’errore di rimuoverli dal loro incarico, come stanno facendo in molti.

Quello di GPT, è uno strumento potentissimo, sì, è vero: scrive codici, traduce lingue, crea videogiochi e app e i testi che produce, la maggior parte delle volte, sono esatti e veritieri. Ma manca una cosa: l’anima umana. Quando noi parliamo o scriviamo, utilizziamo metafore, allusioni, comparazioni (spesso non adeguate), facciamo ironia, giochi di parole. E perché no?! Anche errori. Errare humanum est, appunto.

Sì, con i prompt giusti, l’AI inserisce anche figure retoriche o creatività (alcune agenzie lo utilizzano per creare headline), ma la mano umana è altro. I motori di ricerca ,magari, ancora non sono pronti a comprendere i testi generati da non-umani, ma un giorno accadrà ciò. E forse non è neanche tanto lontano. Ad esempio, io capisco subito se un testo è stato copiato da ChatGPT e trasferito su un sito senza nessuna revisione umana. È un testo freddo, schematico, troppo preciso, per quanto possa soddisfare le condizioni di verità fattuali.

Altro conto è, prendere spunto da ciò che il tool ci fornisce e, dopo un’attenta analisi e revisione, caricarlo sul sito. Penso che sia uno strumento avanguardistico e, anche, distopico, ma un occhio ed un cervello umano per dare un’anima a quel contenuto, servirà sempre. Anche perché, a parte alcuni errori che può restituirci (a me è capitato più di una volta), ma mi pongo la seguente domanda: la verità su alcuni ambiti ce l’ha l’AI o un esperto in quel settore? Magari nessuno dei due, ovviamente.

A meno che non parliamo di fatti come: quando è nato Napoleone o quando l’Italia è entrata in guerra nel primo conflitto mondiale. Ma in un ambito, ad esempio medico o scientifico, dove ci sono nuove scoperte sempre che, alcune volte, smentiscono quelle precedenti. Qui come si fa? Te la sentiresti di lanciare un testo di medicina scritto interamente da GPT senza nessun controllo da parte di un medico esperto? A voi le risposte.